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2008-12-16

La prossima bolla è il debito federale

di Mario Margiocco

16 dicembre 2008

I titoli del Tesoro americano hanno toccato nei giorni scorsi in alcune emissioni a breve rendimenti zero e persino sottozero - segno di una forte richiesta che per alcuni equivale già a una nuova bolla - confermando così che in tempi difficili il santuario americano, che pure è all'origine della crisi, continua a essere con il dollaro il rifugio più richiesto. Alcuni segnali tuttavia indicano che lo è un po' meno rispetto al passato. E che le strategie d'emergenza stanno seguendo percorsi non percorribili se non per un breve tratto. "I tempi sono propizi per indebitarsi a tassi così bassi, e sarebbero propizi anche per allungare le scadenze del debito pubblico che adesso sono in media a 49 mesi", osserva Ed Yardeni, noto consulente finanziario di Great Neck (New York). "Questo per raccogliere il più possibile liquidità per finanziare tutti i salvataggi e i programmi di stimolo necessari a rilanciare la crescita economica degli Stati Uniti".

Gli Stati Uniti si trovano a fine 2008 con un debito pubblico stimato - extra interventi straordinari da crisi finanziaria - a circa il 75% del Pil e potrebbero toccare presto il 100% del Pil, una situazione italiana. Il debito che è attualmente di circa 10.650 miliardi di dollari (su un Pil di 14.000) dovrà tenere conto delle iniezioni dirette di liquidità da parte del Tesoro e della Fed in finanziarie e banche, nazionalizzate o private, di Fannie e Freddie il cui debito fa ormai parte integrante di quello federale, a Aig, per un totale di 500 miliardi circa di soli esborsi diretti; del prossimo salvataggio dell'auto; di una quota ancora indefinita di liquidità fra quanta anticipata a banche e finanziarie dai vari sportelli Fed che non tornerà più indietro lasciando alla Fed il pegno di titoli di incerto valore; dei 500-700 miliardi del pacchetto di stimolo preannunciato da Barack Obama; dei 700 miliardi del Tarp, l'intervento a sostegno delle banche; più il recente acquisto fino a 500 miliardi di titoli legati ai mutui di Fannie e Freddie e altre finanziarie pubbliche minori e altri interventi per un totale di 300 miliardi. Per i soli impegni straordinari presi nel 2008 il debito pubblico potrebbe aumentare, secondo alcune stime, di circa 2mila miliardi di dollari.

I mercati hanno segnalato nei giorni scorsi la prima preoccupazione di fronte a questa esplosione di liquidità e lo hanno fatto aumentando i costi di assicurazione di chi si tutela contro un ipotetico default del Tesoro americano. Mentre nel gennaio 2007 un cds (credit default swap) a cinque anni aveva un costo annuale con uno spread di 0,5 punti base rispetto al tasso di riferimento, questo saliva a 15 punti base ad agosto ed è ora di circa 60 punti base.

Già a gennaio Moody's aveva preannunciato il rischio, per gli Stati Uniti, di perdere nell'arco di un decennio la tripla A sul debito pubblico. La necessità di sbloccare il credit crunch ha ora imposto ingentissime spese impreviste. Può darsi che gli Stati Uniti riescano a evitare il downgrading del debito che avrebbe effetti pesanti per il sistema globale. In anni recenti il debito canadese e quello giapponese portarono alla perdita della tripla A, nel 95 e nel 98, quando avevano raggiunto il 114% e il 120 per cento. Gli ultimi dati della Fed di St. Louis sull'aumento della base monetaria (adjusted monetary base), comprendente liquidità circolante extra Tesoro ed extra Fed più i depositi presso la Fed stessa, indicano quasi un raddoppio, da settembre, con un'impennata che parte a metà di quel mese (come si vede nel grafico).

Ormai con i tassi all'1% e senza più quasi margini di manovra il presidente della Federal Riserve, Ben Bernanke, pensa a misure di monetizzazione del debito che si giustificano solo in una situazione eccezionale e per breve periodo. Emissioni di titoli propri da parte della Fed e acquisto di emissioni del Tesoro, una misura da economia di guerra già attuata dal 1942 al 1951. La monetizzazione del debito pubblico del resto è già in atto dal 25 novembre, quando la Fed ha annunciato che acquistava 500 miliardi di mutui cartolarizzati da Fannie e Freddie. L'acquisto è fatto per ridurre lo spread fra il debito delle Gse, Fannie e Freddie appunto, ed è quindi una classica monetizzazione del debito pubblico. Alla riunione di agosto si parlò di monetizzazione e il presidente della Federal reserve di Dallas, Richard W. Fisher, osservava che "se la Fed dovesse frenare la tendenza al rialzo dei tassi, monetizzerebbe in effetti il rampante deficit fiscale. La Federal reserve si è sempre fieramente opposta per più di un quarto di secolo alla monetizzazione dei deficit e sono convinto che non può permettersi di monetizzarli neppure oggi".

Se il debito pubblico incomincia davvero a preoccupare, il debito nazionale totale comprendente l'esposizione del settore pubblico, di famiglie, imprese, settore finanziario e il debito estero, è decisamente preoccupante. Negli Usa il debito nazionale totale è al 370% del Pil, con un rapporto raddoppiato rispetto ai valori del 1957.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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